Quando si va dallo psicologo: ascolto e diagnosi
Quando una persona decide di andare da uno psicologo, spesso lo fa perché si trova in un momento di difficoltà: ansia, tristezza, blocchi, somatizzazioni, dipendenze, relazioni dolorose. In questi casi, è naturale cercare una spiegazione:
- “Cosa mi sta succedendo?”
- “Perché non riesco a stare bene?”
- “Cosa c’è che non va in me?”
L’approccio più comune e riconosciuto, soprattutto in ambito medico e sanitario, è quello che cerca di dare un nome ai sintomi attraverso una diagnosi. In questo senso, lo psicologo può ascoltare, osservare i comportamenti, raccogliere informazioni e, quando necessario, utilizzare strumenti come il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM*) per identificare un disturbo specifico.
Questa modalità, che potremmo definire descrittiva, si basa sull’idea che sia possibile classificare i disagi psichici in modo simile a quanto avviene nella medicina somatica: un elenco di criteri, un’etichetta diagnostica, un trattamento da seguire.
Ma cosa accadrebbe se ci fermassimo qui? Se il sintomo venisse ridotto a una casella e la persona diventasse un caso clinico.
Oltre la diagnosi: il sintomo come linguaggio dell’anima
In alternativa ad un approccio meramente descrittivo, la prospettiva psicodinamica ci invita a fare un passo ulteriore. A chiederci non solo cosa c’è che non va, ma cosa sta cercando di comunicare quel sintomo. Perché proprio ora? Perché in quella forma?
Il sintomo come comunicazione psichica
Nella visione psicodinamica, il sintomo non è qualcosa da eliminare. È un segnale. Una manifestazione visibile di un conflitto psichico più profondo, spesso inconsapevole. È come un sogno: un linguaggio simbolico che non va interpretato alla lettera, ma compreso nel suo contesto unico e soggettivo.
Ad esempio, l’insonnia potrebbe raccontare di una parte di sé che non trova pace, che non vuole “dormire” perché teme di perdere il controllo o di lasciare spazio a emozioni non elaborate e l’attacco di panico potrebbe essere la manifestazione acuta di un’angoscia non riconosciuta, la rottura di un equilibrio difensivo troppo rigido e/o la comparsa improvvisa di un desiderio rimosso o di una parte di sé non integrata.
La clinica psicodinamica: ascoltare il senso, non solo la forma
Il lavoro terapeutico, in questo approccio, non consiste nel “curare” il sintomo in modo diretto (come si farebbe con un farmaco per il mal di testa), ma nel ricostruire la sua storia, il suo significato. Questo richiede tempo, fiducia, esplorazione della storia personale, dei legami affettivi, dei meccanismi di difesa, dei sogni, dei lapsus.
Il terapeuta psicodinamico si pone come un alleato nell’ascolto profondo, capace di cogliere ciò che si muove sotto la superficie e di aiutare la persona a dare parola a ciò che prima era solo dolore muto.
Oltre la soppressione, verso l’elaborazione
Il sintomo può anche essere visto come una soluzione provvisoria: un modo imperfetto, ma necessario, con cui la psiche cerca un equilibrio. Il vero cambiamento, allora, non si ottiene eliminando il sintomo, ma elaborando il conflitto che lo ha generato. Quando questo avviene, il sintomo può “sciogliersi” naturalmente, perché non ha più bisogno di esistere.
Conclusione
In un mondo che tende a giudicare, a semplificare, a etichettare e a cercare soluzioni rapide, l’approccio centrato sulla persona rappresenta una volontà chiara, una forma di resistenza gentile. Invita a prendersi tempo, a riconoscere la complessità della mente umana, a vedere il sintomo non come un nemico da combattere, ma come un messaggero da ascoltare.
La Via degli Aquiloni ha scelto di ispirarsi a questo approccio perché crediamo che ogni persona sia molto più di un’etichetta diagnostica. Non un “caso clinico da guarire”, ma una meravigliosa complessità di emozioni, desideri, paure e vissuti che meritano ascolto e sostegno.
Per questo accompagniamo chi si rivolge a noi con empatia e rispetto, offrendo uno spazio sicuro in cui esplorare la propria storia, riconoscere i propri bisogni e imparare a prendersi cura di sé. Perché il sintomo, se ascoltato e compreso, può trasformarsi in un alleato prezioso nel percorso di crescita e libertà. Un primo passo per tornare a volare.
*DSM: uno strumento descrittivo
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) è uno strumento elaborato dall’American Psychiatric Association e giunto oggi alla sua quinta edizione (DSM-5-TR). Si tratta del principale sistema classificatorio usato a livello internazionale per identificare e diagnosticare i disturbi mentali. Fornisce un insieme di criteri standardizzati per la diagnosi dei disturbi psichici.